La Regione Umbria ha deciso di impugnare il decreto ministeriale sul dimensionamento scolastico davanti al TAR, contestando la riduzione delle autonomie scolastiche da 134 a 130 a partire dall’anno 2026/2027. La decisione è stata annunciata venerdì dall’assessore regionale all’Istruzione, Fabio Barcaioli, che ha espresso forte preoccupazione per le ripercussioni negative del provvedimento sulle scuole umbre.
Il dimensionamento scolastico è il processo di riorganizzazione della rete delle scuole pubbliche, che può includere accorpamenti o chiusure di istituti, e che ogni anno le Regioni sono chiamate a gestire. La Regione Umbria aveva già proposto soluzioni alternative al taglio, ma senza ricevere risposta positiva dal Ministero. Il parere negativo espresso durante la Conferenza Stato-Regioni ha portato alla decisione di ricorrere in via legale.
Barcaioli ha sottolineato che la scuola rappresenta un presidio sociale e culturale fondamentale, in particolare nei territori più fragili, e che il taglio delle autonomie scolastiche potrebbe compromettere gravemente il diritto allo studio e la qualità dell’offerta formativa. “Le esigenze educative e territoriali devono essere prioritarie rispetto alla logica dei numeri”, ha dichiarato l’assessore, evidenziando la necessità di trovare soluzioni che siano coerenti con le specificità territoriali e che non riducano la scuola a un mero strumento di razionalizzazione.
Inoltre, Barcaioli ha ribadito che l’obiettivo non è quello di eludere gli obiettivi di efficientamento richiesti dal PNRR, ma di raggiungerli senza sacrificare la centralità della scuola come motore di sviluppo umano e coesione sociale.
Le altre Regioni coinvolte
Le Regioni che si sono già schierate contro il decreto ministeriale includono Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia. Questi ricorsi si concentrano soprattutto sul decreto del 2023 che impone una soglia minima di 900 o 1000 studenti per mantenere l’autonomia delle scuole, con l’obiettivo di razionalizzare la rete scolastica e ridurre il numero di scuole con un dirigente e una segreteria indipendente. Le Regioni hanno sostenuto che il decreto penalizza le scuole delle aree interne e montane e che è stato adottato senza un adeguato confronto con i territori.
I precedenti
L’Emilia-Romagna ha contestato il provvedimento sia davanti alla Corte Costituzionale sia al TAR del Lazio, sostenendo che il decreto violasse le sue competenze e il principio di collaborazione tra Stato e Regioni. La Toscana ha seguito la stessa strada, lamentando l’assenza di un dialogo istituzionale adeguato. La Campania ha ottenuto una parziale sospensione del decreto da parte del TAR, che ha riconosciuto un errore nei dati ministeriali sulla popolazione scolastica. Secondo la Regione, il Ministero avrebbe sottostimato di 24.500 studenti, alterando i calcoli delle risorse. Un errore che, come spiegato da Barcaioli, riguarda anche l’Umbria.
La Puglia, infine, ha chiesto una sospensione urgente dell’efficacia del decreto a livello nazionale, ma il TAR del Lazio ha respinto l’istanza, ritenendo che non ci fosse un danno grave o irreparabile.