Fine vita, il Senato adotta il testo base del centrodestra. Santi: “Aberrazione che nega diritto”

Il disegno di legge approvato dalle commissioni Giustizia e Sanità entra ora nel vivo: emendamenti entro l’8 luglio, aula il 17. Protestano le opposizioni e l’associazione Luca Coscioni

Dopo mesi di stallo e rinvii, il disegno di legge sul fine vita ha ottenuto il via libera come testo base da parte delle commissioni Giustizia e Sanità del Senato. La proposta, presentata dai relatori di maggioranza, ha ricevuto il sostegno del centrodestra, mentre tutte le opposizioni hanno votato contro. Il provvedimento, che sarà discusso in Aula il prossimo 17 luglio, potrà essere modificato attraverso emendamenti da presentare entro l’8 luglio.

Il testo, composto da quattro articoli, si apre con una riaffermazione del principio della tutela della vita, senza distinzioni di età, salute o condizione sociale. Una scelta esplicita da parte della maggioranza per escludere ogni interpretazione che leghi la norma alla liberalizzazione del suicidio assistito. Rispetto alla bozza iniziale, è stata rimossa la frase che tutelava la vita “dal concepimento alla morte naturale”, su cui le opposizioni avevano sollevato dubbi interpretativi legati a potenziali ricadute sul tema dell’aborto.

L’articolo 2 delinea le condizioni di non punibilità per chi presta assistenza al fine vita, ricalcando i criteri stabiliti dalla Corte costituzionale nel 2019. In particolare, la persona richiedente deve essere maggiorenne, capace di intendere e volere, affetta da una patologia irreversibile che provochi sofferenze fisiche o psicologiche insopportabili, dipendente da trattamenti salvavita e inserita in un percorso di cure palliative. Quest’ultimo punto è fortemente contestato dalle opposizioni, che sottolineano come l’“inserimento obbligatorio” nel percorso palliativo non sia previsto dalla sentenza della Consulta.

Altro elemento divisivo è l’esclusione del trattamento dal Servizio sanitario nazionale (SSN). Il testo stabilisce che il personale, le attrezzature e i farmaci del sistema pubblico non possano essere impiegati per il fine vita. Una scelta che ha scatenato forti critiche da parte del centrosinistra e delle associazioni per i diritti civili, che temono una “privatizzazione” dell’accesso al suicidio assistito e una conseguente disuguaglianza tra i cittadini.

Il provvedimento istituisce anche un Comitato nazionale di valutazione, composto da sette membri nominati tramite Dpcm, che dovrà pronunciarsi sulle richieste entro 90 giorni. Se la richiesta viene respinta, è previsto un nuovo esame dopo sei mesi.

Forte la reazione del mondo dell’attivismo, in particolare da parte di Laura Santi, giornalista umbra affetta da una grave forma di sclerosi multipla e da tempo impegnata per ottenere il diritto al suicidio assistito. Con un post sui social e un’intervista all’ANSA, ha duramente attaccato il ddl, definendolo “una aberrazione concordata col Vaticano”. Santi ha sottolineato come, con questa legge, lei stessa non avrebbe avuto accesso alla procedura, nonostante rientri pienamente nei criteri stabiliti dalla Consulta.

«Chi lo farà, se non può intervenire il Servizio sanitario nazionale?» si è chiesta la giornalista, aggiungendo: «Finché sarò in vita, combatterò per il diritto all’autodeterminazione.» La sua presa di posizione, in rappresentanza dell’associazione Luca Coscioni, rilancia il dibattito pubblico sul fine vita, tra istanze etiche, diritti individuali e responsabilità istituzionali.

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