Umbria regione a bassa mobilità interna: gli stranieri salvano dallo spopolamento

Dal 2002 al 2024, l’Umbria ha mantenuto un saldo migratorio positivo, grazie soprattutto agli ingressi dall’estero. L’equilibrio demografico interno mostra invece una stabilità senza grandi variazioni.

L’evoluzione dei flussi migratori in Umbria tra il 2002 e il 2024 evidenzia la centralità della mobilità internazionale per la stabilità demografica regionale. L’intero periodo è contrassegnato da un saldo migratorio con l’estero costantemente positivo, con l’unica eccezione del 2015. Particolarmente significativi risultano gli anni 2003 e 2007, in cui si sono superate le 11.000 unità nette, segnalando una forte attrazione esercitata dalla regione su cittadini stranieri. Lo dice l’analisi dell’Aur, agenzia umbria ricerche, in un’indagine che fa seguito a quella che certificava l’invecchiamento della popolazione

Questi risultati si inseriscono in un contesto storico di moderata crescita economica e forte domanda di lavoro nei settori meno specializzati, in cui il welfare locale ha saputo accogliere nuovi residenti. Tuttavia, a partire dal 2010, si osserva una progressiva riduzione del saldo, dovuta a una diminuzione degli ingressi e a un aumento delle uscite, che culmina in una fase di equilibrio tra il 2014 e il 2015. Questo calo è collegabile alla doppia crisi – economica e migratoria – che ha colpito l’Europa, riducendo l’attrattività dell’Umbria.

Dal 2022 emerge una nuova fase di crescita del saldo migratorio estero, che si attesta nuovamente sopra le 4.000 unità annue. Questo miglioramento è dovuto principalmente a un aumento degli ingressi dall’estero piuttosto che a una riduzione delle partenze. L’Umbria sembra così avviarsi verso una configurazione migratoria più stabile, in cui i fattori di attrazione e di uscita trovano un nuovo equilibrio.

Movimento migratorio interno: stabilità senza slanci

Parallelamente, l’analisi del movimento migratorio interno mostra una relativa stabilità. Dal 2002 al 2010, l’Umbria ha beneficiato di un saldo interno positivo tra 1.000 e 2.000 unità annue, con un picco nel 2002. Questo risultato è stato favorito dalla percezione di una buona qualità della vita, da costi accessibili e da contesti urbani e rurali “a misura d’uomo”. In quegli anni, la regione ha attratto famiglie e individui in cerca di un migliore equilibrio esistenziale.

Con il 2011 si apre una fase di rallentamento, culminata in un saldo negativo nel biennio 2013-2014. La crisi economica e la perdita di fiducia nella mobilità sociale hanno inciso sulla dinamica, rendendo l’Umbria meno attrattiva e più esposta a flussi in uscita. Dal 2015 in poi il saldo torna positivo, ma si stabilizza su valori modesti – tra le 400 e le 500 unità – che indicano un quadro di equilibrio debole tra entrate e uscite.

Negli anni più recenti, i saldi migratori interni risultano statisticamente stabili, con variazioni minime non indicative di cambiamenti strutturali. Questo porta a definire l’Umbria come una regione a bassa mobilità interna, coerente con le dinamiche demografiche dell’Italia centrale, dove la residenzialità stabile prevale, in particolare tra le fasce di popolazione meno giovani.

Un equilibrio fragile, ma decisivo

Nel complesso, i flussi migratori – esterni e interni – si sono rivelati fondamentali per contenere gli effetti del declino naturale della popolazione umbra. In un territorio colpito da un invecchiamento crescente e da una natalità persistentemente bassa, la mobilità in entrata, soprattutto dall’estero, ha svolto un ruolo compensativo. Senza il contributo positivo dei flussi migratori, il quadro demografico regionale risulterebbe ulteriormente compromesso, con ricadute importanti sulla sostenibilità sociale e territoriale.

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