L’Umbria è la regione italiana che ha registrato la peggior performance nella variazione reale del reddito Irpef medio pro capite tra il 2019 e il 2023. È quanto emerge dai dati del rapporto Best 2024 di Istat, che tracciano una fotografia impietosa dell’economia post-pandemica del territorio. In cinque anni, la crescita nominale del reddito è stata del +10,8%, contro il +13,9% della media nazionale. Tuttavia, una volta corretta l’inflazione, il risultato reale si traduce in un calo del -3,7%, il triplo rispetto al dato italiano (-1%). “Una perdita secca di 865,5 euro pro capite in potere d’acquisto”, precisa la Camera di commercio.
Il quadro si fa ancor più critico se si analizza il reddito dei lavoratori dipendenti: tra il 2019 e il 2023, in Umbria è diminuito in termini reali del -10,7%, più del doppio rispetto alla media nazionale (-4,5%). Nessuna regione ha fatto peggio. Il reddito medio da lavoro dipendente è sceso da 25.734 a 25.454 euro, depurato dall’inflazione. “L’Umbria ha subito più di altre regioni gli effetti dell’inflazione e della stagnazione post-Covid, specialmente per quanto riguarda il lavoro dipendente”, sottolinea ancora la Camera di commercio.
Non va meglio a livello provinciale. A Perugia il reddito Irpef medio è cresciuto dell’11,1%, a Terni solo del 10,1%. Entrambe sotto la media italiana e in perdita netta considerando il caro vita. Il reddito medio regionale si attesta nel 2023 a 20.600 euro, contro i 21.800 della media nazionale. Fa meglio solo delle Marche e di tutte le regioni del Mezzogiorno, ma “resta un dato deludente per una regione del Centro”, si legge nel rapporto.
C’è però un altro volto dell’Umbria, quello che emerge dal rapporto sul Benessere equo e sostenibile dei territori (Best). Qui, la regione si distingue per una resilienza sociale e civile fuori dal comune. Il 46,1% degli indicatori analizzati nelle province umbre rientra nelle classi di benessere “alta” e “medio-alta”, contro una media nazionale del 41,8%. Solo il 17,2% è in fascia “bassa” o “molto bassa”, contro il 35,6% italiano.
“Il bilancio è agrodolce”, osserva l’ente camerale. “Resta una regione dove la qualità della vita, la coesione sociale, l’accesso alla cultura e ai servizi regge, e in alcuni casi supera la media nazionale”. L’Umbria eccelle in istruzione e formazione, con il 44,4% degli indicatori in fascia alta e un tasso di passaggio dei diplomati all’università del 59,8%, ben 8 punti sopra la media italiana. Anche la partecipazione civica è alta: il 60,8% degli umbri ha votato alle europee 2024, rispetto al 49,8% nazionale.
Tuttavia, non mancano le criticità. L’innovazione, la ricerca e la creatività sono i punti deboli. Solo il 37,5% degli indicatori legati a questi ambiti è in fascia alta. La regione registra appena 53,6 domande di brevetto per milione di abitanti, contro una media nazionale di 102,9. Particolarmente bassa la performance di Terni (21 brevetti), mentre Perugia si attesta a 64,8.
Cultura e digitalizzazione sono invece in controtendenza. L’Umbria ospita 156 strutture culturali, pari al 3,5% del totale nazionale, e conta 119 biblioteche attive in oltre due terzi dei comuni (67,4%). I servizi online comunali per le famiglie sono tra i più avanzati d’Italia: il 61% dei comuni gestisce digitalmente almeno un servizio, contro il 53,6% nazionale.
“Per invertire la rotta serve puntare su innovazione, giovani, capitale umano. Le fondamenta ci sono, ma il tempo stringe. E il benessere, da solo, non paga le bollette”, è il monito conclusivo della Camera di commercio.