L’artigianato umbro attraversa una delle crisi più profonde degli ultimi decenni, con dati che dipingono uno scenario allarmante per il tessuto produttivo locale. Tra il 2014 e il 2024, la regione ha perso il 26,9% delle imprese artigiane, collocandosi tra le più colpite in Italia, secondo quanto riportato dalla CGIA di Mestre in un’analisi diffusa il 15 agosto 2025.
A conti fatti, si tratta di oltre 3.000 realtà imprenditoriali scomparse e più di 5.300 addetti in meno, con effetti tangibili sull’economia dei borghi e dei centri storici, in particolare a Perugia e Terni. La Camera di Commercio locale conferma che la progressiva desertificazione produttiva sta ridisegnando la mappa dei mestieri tradizionali, mettendo in crisi filiere storiche come il tessile, la ceramica e la lavorazione del legno.
Giovani assenti, mestieri al tramonto
Il ricambio generazionale è uno dei nodi più critici dell’intero comparto. Il numero di imprese con titolari under 35 è crollato da 2.282 a 1.354 unità in dieci anni, registrando un calo del 40,7%. Una tendenza che, come evidenzia il report, “mostra un ricambio generazionale in crisi nera”.
I giovani scelgono sempre più spesso strade alternative, preferendo il lavoro dipendente o altri settori meno usuranti e più digitalizzati. La conseguenza è che competenze artigianali tramandate da generazioni rischiano di andare perdute. “Nei borghi umbro-marchigiani, la forte riduzione della popolazione ha reso ancora più fragile il tessuto delle botteghe artigiane”, spiega l’Ufficio studi della Camera di Commercio, mettendo in luce come l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite stiano aggravando la carenza di nuovi professionisti.
Perugia perde oltre 900 imprese ma che rappresentano il 5%. piazzandosi al 34.posto in Italia. Secondo la CGIA, “entro un decennio reperire sul mercato un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista… sarà un’operazione difficilissima”.
L’impatto della crisi si riflette già nei tempi di attesa per le riparazioni, nei costi dei servizi e nella chiusura delle botteghe storiche, colpendo in modo particolare i piccoli centri e le aree interne. Le difficoltà, inoltre, sono aggravate dalla pressione concorrenziale delle grandi catene commerciali e dell’e-commerce, che attirano clientela con prezzi più bassi e maggiore
Tendenza nazionale: 400mila artigiani in meno
Il caso umbro si inserisce in una tendenza nazionale che negli ultimi 20 anni ha visto sparire quasi 400.000 artigiani, con una flessione di oltre il 25%. Solo tra il 2023 e il 2024, in Italia si sono persi 72.000 artigiani (-5%). Tuttavia, le differenze territoriali sono significative: le regioni del Centro, in particolare l’Umbria e le Marche, risultano tra le più colpite, mentre il Sud ha tenuto meglio grazie anche agli incentivi legati al PNRR e al Superbonus.
In province come Ancona, Ravenna e Ascoli Piceno il calo ha superato il 7% in un solo anno, segnalando una crisi generalizzata del settore.
I pochi settori che crescono: benessere e digitale
In controtendenza, alcuni comparti mostrano segnali di crescita, in particolare quelli legati al benessere (acconciatori, estetisti, tatuatori), all’informatica (marketing digitale, video maker, sistemisti) e a filiere alimentari artigianali come gelaterie e gastronomie, soprattutto nelle aree turistiche. Tuttavia, la maggioranza delle professioni tradizionali subisce una contrazione netta, dovuta anche al cambiamento delle abitudini di consumo e alla trasformazione del mercato del lavoro.
Prospettive e soluzioni: urgenti riforme strutturali
Per fronteggiare la crisi, la politica nazionale sta lavorando a una riforma della legge quadro sull’artigianato (legge 443/1985). Tra le misure proposte figurano l’innalzamento del limite dimensionale delle imprese artigiane da 18 a 49 addetti, maggiore accesso al credito, incentivi per l’innovazione e flessibilità societaria.
Secondo la CGIA, senza interventi decisi il rischio è un’Italia senza artigiani, dove non sarà più possibile trovare professionisti per la manutenzione delle abitazioni o per lavori specializzati. La sfida è quindi non solo economica, ma anche culturale e sociale: preservare l’artigianato significa tutelare una parte fondamentale del patrimonio identitario del Paese.