Una firma mancata che diventa un atto politico. La Fish Umbria, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, ha deciso di non sottoscrivere lo schema di convenzione quadro promosso dalla Regione Umbria per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità nelle cooperative sociali di tipo B. Alla base della decisione, il rifiuto di un modello considerato escludente e inefficace, non solo nei contenuti, ma anche nel metodo.
«Siamo stati invitati a ratificare un documento già definito, non a co-progettarlo. E questo approccio è discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità e del loro diritto a essere protagoniste», si legge nella nota ufficiale della Federazione. A parlare è anche Andrea Tonucci, presidente dell’associazione Vita Indipendente e vicepresidente di Fish Umbria, che spiega così la scelta: «Per coerenza, per rappresentare il sentimento di rammarico per non essere stati chiamati a partecipare attivamente alla fase di elaborazione dell’accordo».
La Federazione contesta non solo la forma, ma anche la sostanza dello schema, giudicato più permissivo della Legge Biagi e dunque potenzialmente dannoso per l’inclusione lavorativa reale. Secondo Fish Umbria, infatti, l’accordo rischia di disincentivare le assunzioni dirette da parte delle aziende, incentivando invece soluzioni sostitutive che favoriscono la deresponsabilizzazione del mondo imprenditoriale.
“Non trovo di meglio, ti ricovero in una struttura”: un rimedio, non una soluzione. Con questa provocazione la Federazione sintetizza il pericolo di tornare a logiche assistenzialistiche, che tolgono dignità e centralità alle persone con disabilità nei percorsi di inserimento socio-lavorativo.
Fish Umbria denuncia anche l’occasione persa da parte della Regione di adottare strumenti più innovativi, in linea con le Linee Guida della Legge 68/99, che promuovono trasparenza, collaborazione tra i soggetti coinvolti e valorizzazione delle competenze individuali. Le critiche si estendono alla mancata condivisione dei dati e a un’impostazione definita poco ambiziosa per una Regione che avrebbe potuto fare da modello in materia di inclusione lavorativa.
Guardando al futuro, la Federazione auspica un cambio di rotta. «Intendiamo essere parte attiva e propositiva nei prossimi percorsi, per costruire politiche del lavoro che mettano davvero al centro i diritti e le potenzialità delle persone con disabilità», ha affermato Tonucci, riferendosi anche alla prossima sperimentazione prevista dal Decreto Legislativo 62, che potrebbe aprire nuovi spazi di dialogo tra enti, associazioni e istituzioni.
“La nostra posizione vuole essere uno stimolo, non una chiusura”, sottolinea ancora Fish Umbria, che chiede alla Regione un maggiore impegno per la co-progettazione e la messa a punto di strumenti normativi realmente inclusivi.
In un contesto nazionale ed europeo che spinge verso l’integrazione e il superamento delle barriere, la vicenda umbra pone interrogativi centrali sulla governance delle politiche sociali, sulla rappresentanza delle persone con disabilità nei processi decisionali e sulla necessità di passare da un modello delegante a uno realmente partecipato.