Rischi ambientali ed eventi estremi: Umbria fragilissima, a Perugia boom di notti tropicali

Il Centro studi cambiamenti climatici di Ecogest denuncia uno scenario già critico: la regione vive le conseguenze del riscaldamento globale tra notti tropicali, qualità dell’aria scadente e rischio idraulico esteso

L’Umbria è già oggi un laboratorio vivente degli effetti del cambiamento climatico. A rivelarlo è il nuovo rapporto del Centro studi cambiamenti climatici (Cscc) di Ecogest, che lancia l’allarme su una situazione in rapido peggioramento. “Temperature record, eventi estremi in crescita e inquinamento dell’aria nelle aree urbane stanno mettendo a dura prova la salute pubblica, l’ambiente e le infrastrutture”, si legge nel documento, che fotografa un territorio esposto a minacce sempre più intense.

La situazione atmosferica appare particolarmente critica: secondo il report, i livelli di Pm10 hanno superato i limiti giornalieri nelle centraline di Terni Le Grazie e Terni Maratta, mentre l’ozono rappresenta una vera emergenza. Nel 2024, “l’intera popolazione umbra è risultata esposta a una qualità dell’aria classificata come ‘scadente’ per questo inquinante”, scrivono gli esperti. Il biossido di azoto, pur restando entro i limiti di legge, registra comunque valori significativi nelle aree urbane, contribuendo al degrado ambientale.

Ma è l’evoluzione climatica a preoccupare di più. Nel 2019, Perugia ha registrato un’anomalia termica di +2,4 °C rispetto alla media 1971–2000, mentre a Terni le notti tropicali – ovvero con temperatura notturna superiore ai 20 °C – sono aumentate a 84 nel 2024, rispetto alle 39 del 2008. Gli eventi estremi, in particolare le ondate di calore, sono più che raddoppiati negli ultimi anni. Una tendenza netta, che spinge Valerio Molinari, presidente del Cscc di Ecogest, a lanciare un appello: “La regione Umbria è esposta a rischi ambientali sempre più intensi. I dati parlano chiaro: servono interventi urgenti e mirati. Non c’è più tempo da perdere”.

Anche il sistema infrastrutturale della regione mostra segnali di forte vulnerabilità. Il rischio idraulico interessa il 100% dei comuni umbri, con fenomeni di frane, inondazioni e piene fluviali che già oggi compromettono la sicurezza dei territori. Il fiume Tevere e i suoi affluenti sono al centro di un sistema idrico fragile e facilmente soggetto a esondazioni. Le proiezioni climatiche per il 2050 indicano un’ulteriore intensificazione di questi fenomeni, con un aumento significativo delle notti tropicali e delle temperature estreme.

Nel documento, il Cscc propone una serie di misure per affrontare le criticità emerse. Tra queste, l’adozione di tecnologie di monitoraggio avanzato per la rete stradale, la rivisitazione dei piani urbanistici con un approccio integrato alla crisi climatica, e la gestione strategica del verde infrastrutturale. Su quest’ultimo punto, Molinari precisa: “La manutenzione dell’esistente è fondamentale, ma serve anche una visione lungimirante per creare nuove aree verdi, capaci di mitigare o persino neutralizzare gli effetti delle emergenze climatiche”. Spazi come alberi, arbusti, prati e aree naturali sono considerati “una delle risorse più efficaci per proteggere le infrastrutture, in particolare quelle autostradali, dalle ondate di calore e dalle piogge torrenziali”.

Il rapporto si conclude con un richiamo diretto alle istituzioni: “Occorrono politiche regionali concrete, fondate su evidenze scientifiche e innovazione tecnologica, per garantire la sicurezza ambientale, infrastrutturale e sociale dell’Umbria nei prossimi decenni”.

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