Marco Caprai, rinomato produttore di Sagrantino sulle colline di Montefalco, ha espresso preoccupazione per le possibili conseguenze della politica dei dazi Usa sul vino europeo, definendo la situazione una “rivoluzione” che potrebbe essere paragonata a quella del metanolo.
Caprai, intervistato dall’ANSA, ha sottolineato come l’eventuale applicazione di dazi, anche inferiori a quelli previsti inizialmente, rappresenterebbe una minaccia seria per il settore vinicolo italiano. “Se dovesse finire così o con il 10-20%, sarà comunque una rivoluzione,” ha affermato, mettendo in evidenza la gravità del problema. Secondo il produttore umbro, l’Italia potrebbe subire una perdita del 20-30% della superficie coltivata a vite. Oltre alla riduzione della produzione, ciò potrebbe comportare danni anche al paesaggio e alla cultura vitivinicola, elementi fondamentali per la difesa delle aree interne del Paese.
“Perderemo aziende, occupati e la viticoltura come elemento paesaggistico”, ha aggiunto Caprai, evidenziando come questa evoluzione potrebbe compromettere le tradizioni e l’identità culturale della viticoltura umbra.
Il produttore umbro ha anche sollevato il tema della necessità di interventi economici da parte dell’Europa per sostenere il settore, attraverso finanziamenti per stoccaggi, estirpazione e promozione. “L’Europa dovrà mettere soldi per gli stoccaggi e per il supporto alle aziende,” ha proseguito Caprai, facendo presente che senza un intervento diretto si assisterà a una “terribile perdita di valore” per il vino europeo.
Caprai ha anche lanciato un monito sulla politica internazionale: “Con la guerra in Ucraina, l’Europa ha smesso di attrarre la Russia, che ora si sta avvicinando alla Cina. Ora, con l’America trumpiana, anche l’Europa sembra orientarsi verso la Cina”. Il produttore ha criticato la gestione delle trattative da parte dei negoziatori europei, notando che, nonostante l’accordo che ha eliminato le tasse sulle big tech americane, la risposta degli Stati Uniti è stata un aumento drastico dei dazi sul vino, portando de facto a una situazione che Caprai definisce “praticamente un embargo”.