Dazi USA al 30%, allarme per l’export umbro: a rischio oltre 700 milioni di euro

Trump annuncia nuovi dazi sulle importazioni europee. L’Umbria tra le regioni italiane più esposte, con potenziali effetti su occupazione e produzione

Donald Trump

Il presidente Donald Trump ha annunciato l’introduzione di un dazio del 30% su tutti i prodotti europei esportati negli Stati Uniti, con decorrenza dal 1° agosto 2025. La misura, formalizzata in una comunicazione inviata alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, punta a ridurre il deficit commerciale degli USA con l’Unione Europea, che Trump ha definito “grande e insostenibile“.

La Casa Bianca ha precisato che il nuovo regime tariffario potrà essere evitato dalle aziende europee che delocalizzeranno la produzione negli USA, grazie a una procedura agevolata per ottenere l’autorizzazione. Al contrario, in caso di reazioni da parte dell’UE, Washington è pronta ad aumentare ulteriormente i dazi.

L’Umbria tra le più esposte: il mercato americano vale oltre il 12% dell’export regionale

Le ripercussioni sull’economia umbra potrebbero essere immediate e pesanti, considerata la forte esposizione della regione verso il mercato statunitense. Secondo i dati 2024 elaborati da Aur, l’Umbria ha esportato beni verso gli Stati Uniti per 734 milioni di euro, in crescita del 9,8% rispetto all’anno precedente. Gli USA rappresentano il secondo mercato di sbocco per l’Umbria, dopo la Germania, e il 12,4% dell’export totale regionale, che ha superato i 5,9 miliardi di euro.

Un aumento del 30% sui dazi significherebbe una perdita diretta di competitività per i prodotti umbri, con un potenziale calo delle esportazioni del 10-15%, secondo le stime iniziali. Una contrazione che avrebbe conseguenze concrete anche sul tessuto produttivo locale e sull’occupazione, specie nelle filiere industriali più esposte.

Meccanica, moda e agroalimentare sotto pressione

I comparti maggiormente colpiti sarebbero:

  • Macchinari e apparecchiature, che generano il 37,2% del fatturato export verso gli USA.

  • Abbigliamento e pelletteria, con oltre il 30% del totale esportato.

  • Prodotti alimentari, che rappresentano il 7,8%, pur avendo registrato un lieve calo nell’ultimo anno.

  • Mezzi di trasporto, che incidono per il 6,1%.

Si tratta di settori chiave per il PIL regionale, fortemente legati al mercato nordamericano. L’aumento dei costi di importazione potrebbe indurre i buyer statunitensi a rivolgersi ad altri fornitori, penalizzando le imprese umbre, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni.

Delocalizzazione o riduzione dell’export: le due strade per l’Umbria

L’alternativa prospettata da Trump – la produzione diretta sul suolo americano – potrebbe rappresentare una via percorribile solo per realtà di medie o grandi dimensioni, attraverso joint venture o nuovi stabilimenti. Tuttavia, i costi d’ingresso e la complessità burocratica potrebbero risultare proibitivi per molte imprese umbre, a meno di incentivi o accordi specifici tra Italia e Stati Uniti.

In assenza di misure di compensazione, resta concreta la possibilità di un ridimensionamento dell’export verso gli USA, con effetti a catena sulle entrate fiscali regionali e sul tessuto occupazionale, soprattutto nei distretti industriali a forte vocazione internazionale.

Un partner strategico in bilico

Il valore dell’export umbro verso gli USA, oggi pari all’1,8% del PIL regionale, è il frutto di anni di crescita costante e investimenti in qualità e innovazione. Il rischio ora è di perdere una fetta significativa di mercato, con conseguenze che potrebbero protrarsi nel medio periodo.

La situazione richiederà interventi a livello nazionale e comunitario, per sostenere le imprese colpite e per negoziare soluzioni diplomatiche che possano ridurre la portata delle tariffe o mitigarne gli effetti.

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