Imprese coesive in Umbria: nel perugino si va forte ma c’è un potenziale da far emergere

In Umbria cresce la coesione tra imprese e territorio: il 40% delle manifatturiere è coesivo. Ma il potenziale resta invisibile. Ecco le leve per farlo emergere.

Quasi la metà delle imprese manifatturiere italiane è oggi classificata come coesiva, ovvero capace di costruire legami solidi con dipendenti, clienti, territori, istituzioni e terzo settore. Secondo i dati 202 del Rapporto Coesione è Competizione 2025, promosso da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo, Unioncamere e Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne , il 44% delle aziende manifatturiere del Paese ha attivato relazioni stabili e collaborative, segnando una netta crescita rispetto al 32% registrato nel 2018.

In questo scenario, l’Umbria rappresenta il 2% del totale delle imprese coesive italiane. Un valore che potrebbe sembrare modesto, ma che assume significato se rapportato al peso economico della regione, il cui PIL incide per circa l’1,4-1,5% sul dato nazionale. Il dato suggerisce una propensione alla coesione superiore alla media, pur restando ancora scarsamente visibile a livello istituzionale e mediatico.

Una manifattura collaborativa e resiliente

È nel settore manifatturiero che la coesione in Umbria mostra i segnali più incoraggianti. Qui, circa il 40% delle imprese rientra tra quelle coesive. La regione si colloca all’11° posto su 20 per incidenza di imprese manifatturiere coesive, posizionandosi sopra regioni come il Lazio e le Marche e in linea con la Toscana.

Questi numeri evidenziano la presenza di una manifattura relazionale, aperta, integrata nel territorio e attenta al capitale umano, pur mancando spesso di una strategia di promozione e valorizzazione che ne renda riconoscibile l’impatto.

Due velocità tra Nord e Sud dell’Umbria

Il rapporto mette in luce una frattura territoriale significativa. Il Nord dell’Umbria – in particolare la provincia di Perugia – si distingue per una fitta rete di relazioni locali, maggiore incidenza di imprese coesive e migliori dinamiche collaborative.

Il Sud, con Terni e il suo circondario industriale, registra invece livelli di coesione tra i più bassi del Paese, frutto di anni di deindustrializzazione e perdita di capitale umano. Questa disomogeneità interna rappresenta una delle sfide principali per la crescita regionale.

Capitale sociale attivo, ma da connettere

Contro ogni stereotipo, l’Umbria dimostra una forte attenzione alla sostenibilità ambientale: la raccolta differenziata supera la media nazionale, così come la partecipazione civica e l’uso delle biblioteche. Si tratta di un capitale sociale già esistente, soprattutto nei piccoli centri, che può essere attivato come motore di sviluppo economico.

Tuttavia, il volontariato organizzato è ancora debole, e la mancanza di politiche di rete tra scuola, imprese e istituzioni rallenta il pieno potenziale di questo capitale.

Le criticità: natalità d’impresa e valore aggiunto

Nonostante i segnali positivi, permangono due ostacoli strutturali: la natalità imprenditoriale e il valore aggiunto pro capite. L’Umbria è 17ª in Italia per nuove imprese e 13ª per valore aggiunto, ben distante dai territori più coesivi del Nord, dove si superano i 38mila euro pro capite, contro i 28mila delle regioni meno interconnesse.

Come sottolinea il rapporto Symbola, “dove cresce la coesione, cresce anche la produttività”: un’evidenza che spinge a investire in legami stabili e collaborazioni strategiche.

Le cinque leve per rilanciare la coesione

Il documento individua cinque priorità operative per rafforzare la coesione economica regionale:

  1. Integrare scuole, università, imprese e terzo settore in un ecosistema di collaborazione strutturato.

  2. Introdurre incentivi fiscali regionali per le imprese che investono in capitale relazionale.

  3. Puntare sul rilancio dell’Umbria meridionale, oggi in ritardo.

  4. Valorizzare e raccontare le best practice umbre, spesso isolate e poco conosciute.

  5. Sostenere settori emergenti e coesivi, come la green economy, il turismo lento e la manifattura sostenibile.

Una narrazione nuova per un’economia più forte

“L’Umbria non è in ritardo sulla coesione: è inascoltata”, ha dichiarato Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria. Le imprese umbre già operano con qualità, responsabilità e innovazione, ma restano ai margini del racconto nazionale. È necessario, secondo Mencaroni, “passare dalla retorica dei territori fragili a quella dei territori intelligenti”, capaci di unire competitività, sostenibilità e legami sociali.

Un concetto ribadito anche da Ermete Realacci, presidente di Symbola: “La coesione è un formidabile fattore produttivo”, non solo un valore etico. Dare visibilità a ciò che funziona, e metterlo al centro delle politiche regionali, è oggi una priorità strategica.

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