È stato condannato a un anno e otto mesi di reclusione l’uomo di 58 anni accusato di molestie sessuali nei confronti di una sua dipendente 26enne. La sentenza è stata pronunciata dal primo collegio del Tribunale di Perugia, formato dai giudici Carla Maria Giangamboni, Edoardo Esposito e Serena Ciliberto, che hanno accolto in parte la ricostruzione presentata dalla Procura. Ne riferisce Umbria24.
Oltre alla pena detentiva, i giudici hanno stabilito un risarcimento immediato di 7 mila euro a favore della parte civile. La vicenda giudiziaria ha acceso i riflettori su un contesto di molestie reiterate e pressioni psicologiche, consumate anche in situazioni di apparente normalità lavorativa.
Secondo quanto ricostruito in aula, l’uomo — anche amico di famiglia della vittima — avrebbe approfittato di diversi spostamenti per lavoro, durante i quali la giovane era oggetto di continue avances a sfondo sessuale. Tra apprezzamenti volgari sul suo corpo e richieste esplicite come non indossare il reggiseno o recarsi in appartamenti da lui indicati, il datore di lavoro avrebbe sfruttato la sua posizione per creare un clima intimidatorio.
Il pubblico ministero ha evidenziato la natura sessuale delle avances, sottolineando frasi come “dovresti essere solo mia” e inviti a lasciare il fidanzato. Il 58enne, secondo l’accusa, sarebbe arrivato a toccarle seno e gambe, ignorando ogni segnale di rifiuto da parte della ragazza.
Un episodio particolarmente grave, raccontato durante l’istruttoria, risale al 2017, durante un viaggio a Gubbio: in quell’occasione, l’imputato le avrebbe palpato il fondoschiena in pubblico, per poi, in un parcheggio isolato, afferrarla per il collo cercando di baciarla. Nonostante la resistenza della giovane, l’uomo avrebbe sfiorato le sue labbra, reiterando il comportamento anche una volta terminato il tragitto, alzandole la maglietta e affermando: “Quando voglio una cosa, me la prendo”.
La sentenza rappresenta un riconoscimento giuridico delle violenze subite dalla giovane, che ha avuto il coraggio di denunciare un uomo legato anche da rapporti personali con la sua famiglia. La decisione del tribunale ha previsto, oltre alla reclusione, un immediato risarcimento economico che costituisce un primo passo verso la ricostruzione della dignità violata.