Di fronte all’ennesimo femminicidio, la Cgil regionale interviene con fermezza, sottolineando come la sola repressione penale non sia sufficiente a contrastare un fenomeno che continua a colpire duramente, spesso coinvolgendo giovani sia tra le vittime che tra i carnefici. A parlare sono Rita Paggio, segretaria generale della Cgil Umbria, e Stefania Cardinali, responsabile delle politiche di genere del sindacato, che puntano il dito contro una cultura patriarcale ancora profondamente radicata nella società italiana.
Il nodo culturale: educazione e affettività per prevenire la violenza
Le due dirigenti sindacali evidenziano come la violenza di genere affondi le proprie radici in un problema culturale, non risolvibile esclusivamente con l’inasprimento delle pene. “Invece di pensare solo a quanti anni di carcere prevedere per chi commette un delitto – affermano – è fondamentale avviare un cambiamento strutturale sin dalla prima infanzia, attraverso un percorso educativo continuo che affronti i temi dell’affettività, del rispetto e dell’uguaglianza”. La proposta è quella di una campagna formativa permanente che coinvolga tutte le scuole, di ogni ordine e grado, per contribuire alla costruzione di una nuova cultura dell’inclusione e della parità.
Piano antiviolenza: la formazione deve essere centrale
Nel mirino della Cgil anche la mancanza di una strategia nazionale concreta: “Il piano nazionale antiviolenza è ancora in attesa di approvazione, eppure dovrebbe rappresentare una priorità”, denunciano Paggio e Cardinali. Secondo le due sindacaliste, tra i pilastri della futura strategia dovrebbero rientrare non solo la formazione scolastica, ma anche quella per operatori sanitari, sociali e forze dell’ordine, chiamati ad assistere donne vittime di violenza. Un’azione necessaria per evitare che le vittime si sentano isolate o non comprese, e per garantire un’accoglienza e una tutela adeguata in tutti i contesti.
Luoghi di lavoro e indipendenza economica
Altro punto critico è quello dei luoghi di lavoro, dove spesso si consumano molestie e abusi silenziosi. “Servono campagne di sensibilizzazione e informazione anche sui posti di lavoro – spiegano – per creare ambienti sicuri in cui le donne possano sentirsi libere di parlare”. Emerge anche una riflessione più ampia sul ruolo dell’autonomia economica nel percorso di liberazione dalla violenza: “Un lavoro stabile e di qualità – aggiungono – è il primo strumento per affrancarsi da relazioni tossiche, pericolose o violente. Troppo spesso la precarietà e i salari bassi costringono le donne a rimanere intrappolate”.
Cambiare il futuro con cultura e formazione
La conclusione dell’intervento della Cgil Umbria è netta: “Non è più tempo di misure parziali o interventi spot. Se vogliamo davvero sconfiggere un fenomeno così pervasivo, la sola strada possibile è quella della cultura, dell’educazione e dell’informazione diffusa”. Una linea chiara, che chiama le istituzioni a una responsabilità collettiva, per garantire alle nuove generazioni un futuro libero dalla violenza e dalla discriminazione di genere.