Ancora violenza nel carcere di Spoleto: feriti due agenti

Il sindacato della polizia penitenziaria: “Situazione insostenibile, servono misure urgenti e strutturali”

Nuovo episodio di tensione all’interno del carcere di Spoleto. Due agenti della polizia penitenziaria – un assistente capo e un sovrintendente – sono rimasti feriti mentre tentavano di sedare una rissa tra detenuti del circuito di media sicurezza. Lo rende noto il Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria), che parla di “una lunga scia di eventi critici” e denuncia una grave carenza di organico e condizioni di lavoro sempre più difficili.

I due agenti, coinvolti nell’intervento, hanno riportato lesioni giudicate guaribili in cinque giorni. L’episodio, avvenuto durante un normale servizio di vigilanza interna, è l’ennesimo caso di violenza in un contesto carcerario che da tempo presenta gravi problematiche strutturali e gestionali.

Sappe: “Urgente ridurre il numero di detenuti”

Il segretario regionale umbro del Sappe, Fabrizio Bonino, ha ribadito che l’invio di rinforzi da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) non basta: «Serve un immediato alleggerimento del numero dei detenuti, per riportare l’istituto a condizioni di vivibilità almeno dignitose».

Capece: “Aprire un tavolo nazionale, dotare gli agenti di taser”

Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che ha espresso piena solidarietà ai colleghi feriti e chiesto l’apertura urgente di un tavolo di confronto a Roma: «La tensione nelle carceri umbre è costante. Serve una revisione del regime custodiale aperto e un intervento strutturale per la sicurezza del personale».

Capece ha rilanciato inoltre la proposta di dotare gli agenti di taser: «La vigilanza dinamica ha compromesso la sicurezza interna. La priorità non può essere l’affettività in carcere, ma la tutela di chi indossa una divisa e rischia ogni giorno la vita».

Capece ha infine sottolineato l’importanza del lavoro per i detenuti come strumento per ridurre le tensioni e favorire il reinserimento: «Farli lavorare li rieduca e migliora la sicurezza per tutti. Le statistiche dicono che un detenuto che apprende un mestiere smette di delinquere nel 98% dei casi».

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