Omocidio Postiglione, l’imputato: “La vittima voleva darmi soldi per fare sesso con lui”

Il collaboratore della vittima rivela: “Temevo per la mia vita, per questo l'ho ammazzato”. Indagini in corso per chiarire la dinamica e il movente

Era il 7 novembre scorso quando, nel parcheggio di via La Louvière, in località La Paciana a Foligno, Salvatore Postiglione, 56 anni, veniva ucciso con 53 coltellate. Un delitto feroce, ripreso integralmente dalle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona, che ha scosso l’opinione pubblica per la brutalità e la lucidità con cui è stato compiuto.

Dopo mesi di indagini e silenzi, l’autore del delitto – un diciottenne collaboratore della vittima – ha deciso di parlare. Lo ha fatto durante un interrogatorio in carcere, alla presenza dei suoi legali Ilario Taddei e Samuele Ferocino, fornendo agli inquirenti una versione dei fatti che cambia il quadro dell’inchiesta.

Secondo quanto dichiarato, Postiglione avrebbe sviluppato un’ossessione sessuale nei confronti del giovane, che aveva lavorato a lungo con lui fianco a fianco. Già in precedenza l’imputato aveva raccontato di essersi sentito oppresso e senza via d’uscita, ma è solo ora che fornisce un presunto movente preciso e dettagliato.

«Mi ha chiesto quanto volessi per fare sesso con lui», avrebbe riferito agli inquirenti, aggiungendo di essere stato minacciato con una pistola all’interno dell’abitazione della vittima. Una scena che, a suo dire, lo avrebbe profondamente segnato, alimentando la convinzione che fosse in pericolo di vita: «Se non lo ammazzavo io, mi avrebbe ammazzato lui», avrebbe dichiarato. Ne riferisce in dettaglio ilCorriere dell’Umbria.

Il giovane è ora imputato per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Un’accusa pesantissima, supportata da elementi che potrebbero indicare una maturazione del delitto nel tempo. Durante l’inchiesta è emerso che avrebbe confessato a un’amica l’esistenza di un segreto legato alla vittima, segnale che potrebbe avvalorare l’ipotesi di una premeditazione.

Quel giorno si era presentato al consueto appuntamento di lavoro armato di coltello, intenzionato – stando alle sue stesse parole – a porre fine a un tormento interiore. Dopo il delitto, ha fatto perdere le sue tracce fuggendo su un monopattino, fuga documentata anch’essa dalle telecamere della zona.

Gli investigatori sono ora al lavoro per verificare l’attendibilità del racconto dell’imputato. Le dichiarazioni rese in carcere saranno analizzate nel dettaglio per trovare riscontri oggettivi che possano confermare – o smentire – l’esistenza di minacce o comportamenti molesti da parte della vittima. La difesa, intanto, punta sulla dimensione psicologica del ragazzo e sulla pressione emotiva subita, ma la procura insiste sull’aggravante della premeditazione.

L’inchiesta si avvia ora verso una fase decisiva, dove le parole dovranno essere supportate da prove concrete. Il processo potrebbe fare luce su una vicenda complessa, in bilico tra dramma umano e violenza efferata, che ha lasciato un’intera comunità sconvolta.

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