In Umbria sono circa 119mila le persone che vivono in condizioni di rischio povertà o esclusione sociale, pari al 14% della popolazione. A rivelarlo è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, sulla base dei dati Istat più aggiornati. Un dato che colloca la regione al 12° posto nella classifica nazionale, appena dopo Toscana e Lombardia, ma ben lontana dai livelli critici registrati nel Mezzogiorno: Calabria, Campania e Sicilia guidano la classifica con percentuali allarmanti, fino al 48,8% della popolazione.
Lavoratori autonomi, la categoria più vulnerabile
Il dato più drammatico riguarda i lavoratori autonomi, che risultano tra i soggetti più esposti al rischio di impoverimento. Il 22,7% delle famiglie con capofamiglia titolare di partita IVA vive in condizioni di precarietà economica, rispetto al 14,8% delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente. In un confronto storico, negli ultimi 30 anni il reddito degli autonomi è crollato del 30%, contro una riduzione dell’8% per i dipendenti. Un tracollo che ha minato la stabilità di intere fasce sociali.
Le microattività – spesso gestite da giovani, donne e lavoratori in età avanzata – sono le più colpite. Si tratta in molti casi di imprese individuali senza dipendenti, operanti in regime dei minimi, con fatturati sotto gli 85mila euro annui. Una categoria priva di ammortizzatori sociali, che sconta ritardi nei pagamenti, concorrenza della grande distribuzione e le distorsioni imposte dal commercio elettronico.
Indicatori compositi e povertà silenziosa
Il rischio povertà o esclusione sociale non è legato solo al reddito. Si tratta di un indicatore che combina tre fattori:
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famiglie in condizione di povertà relativa,
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grave deprivazione materiale e sociale,
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bassa intensità lavorativa.
In questo contesto, la situazione dei pensionati risulta ancora più allarmante: ben il 33,1% dei nuclei familiari con pensionati si trova in una condizione critica, anche a causa del mancato adeguamento delle pensioni minime al costo della vita.
L’impatto delle politiche internazionali e il rischio inflazione
Anche le dinamiche internazionali rischiano di influenzare negativamente il quadro. Secondo l’analisi CGIA, l’introduzione di nuovi dazi commerciali negli Stati Uniti, annunciati dall’amministrazione Trump, potrebbe generare ripercussioni indirette anche in Italia. Se questi interventi provocassero una frenata dell’economia e un’impennata dell’inflazione, i lavoratori autonomi più fragili – non coinvolti direttamente nelle filiere esportatrici – potrebbero essere tra i primi a risentirne.
La ricetta CGIA: rilanciare domanda interna e consumi
Per contrastare il rischio povertà e sostenere i redditi più deboli, la CGIA invita a:
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rafforzare la domanda interna,
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dare piena attuazione al PNRR,
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e proseguire nella riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese.
Interventi che potrebbero rilanciare i consumi interni e dare respiro soprattutto ai piccoli operatori economici, oggi in forte difficoltà.