Amanda Knox è stata condannata definitivamente a tre anni di reclusione per aver calunniato Patrick Lumumba, accusandolo ingiustamente dell’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il 1° novembre 2007. La decisione della Corte di Cassazione mette fine a uno dei capitoli giudiziari legati al tragico delitto. I giudici, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, hanno confermato la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Firenze, stabilendo che Knox, pur sapendolo innocente, indicò Lumumba come colpevole delle coltellate che uccisero la studentessa britannica.
Lumumba, all’epoca datore di lavoro di Amanda, fu arrestato e trascorse 14 giorni in carcere prima di essere scagionato e ritenuto completamente estraneo ai fatti.
La reazione delle parti
Patrick Lumumba, presente in aula a Roma, ha accolto con soddisfazione la decisione: «Amanda ha sbagliato e questa condanna la deve accompagnare per tutta la vita. Saluto con grande onore la giustizia italiana».
Diversa la reazione della difesa di Knox. Gli avvocati Luca Luparia Donati e Carlo Dalla Vedova si sono detti «increduli» e hanno definito la sentenza «totalmente inaspettata e ingiusta». Amanda, che non era presente in Italia durante la pronuncia, ha seguito gli sviluppi dagli Stati Uniti, dove vive con la famiglia. Prima della sentenza, attraverso i social, aveva respinto le accuse, definendosi innocente: «Non sono una bugiarda né una calunniatrice. Non ero presente quando Meredith è stata assassinata».
Il processo e le irregolarità riconosciute
Sebbene la condanna per calunnia sia stata confermata in tutti i gradi di giudizio, il caso ha richiesto un nuovo processo a seguito di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quest’ultima ha riconosciuto che durante gli interrogatori del 2007 furono violati i diritti di difesa di Knox, portando la Cassazione a riaprire il procedimento.
Il nuovo processo si è concentrato su un memoriale scritto a mano da Knox il 6 novembre 2007, ritenuto non influenzato dalle irregolarità. I giudici della Corte d’Appello di Firenze hanno stabilito che Amanda accusò Lumumba per cercare di uscire dalla difficile situazione in cui si trovava.
Un capitolo chiuso, ma non dimenticato
La sentenza definitiva della Cassazione chiude un ulteriore filone giudiziario del caso Kercher, ma lascia aperte le discussioni sulla complessità dell’intera vicenda e sul ruolo giocato dalle violazioni procedurali. Per Patrick Lumumba, tuttavia, questa decisione rappresenta un segnale di giustizia tardiva, ma necessaria.