Secondo uno studio della Cgia di Mestre, il fenomeno del lavoro sommerso e dell’evasione fiscale in Umbria ha registrato un calo rispetto al periodo pre-pandemia. I dati Istat elaborati dall’associazione confrontano il 2019 con il 2021, gli ultimi disponibili a livello regionale, per analizzare l’andamento dell’economia non osservata. Questa comprende non solo il lavoro irregolare, ma anche altre attività non dichiarate, come gli affitti in nero e le attività fuori legge.
Un calo di oltre 300 milioni
Nel 2019, il valore complessivo dell’evasione e del lavoro nero in Umbria si avvicinava ai 3,2 miliardi di euro, rappresentando il 15,3% del valore aggiunto regionale (una misura simile al Pil). Tuttavia, nel 2021, il dato è sceso a poco meno di 2,9 miliardi, con una riduzione di 302 milioni di euro, pari a un calo del 9,5%. Sebbene questi numeri segnino un miglioramento, non rappresentano ancora un traguardo completamente positivo.
La posizione dell’Umbria a livello nazionale
L’Umbria, se considerata in numeri assoluti, si colloca al 16° posto in Italia per quanto riguarda il totale dell’evasione fiscale, con regioni come la Lombardia che toccano cifre ben più elevate, superando i 31 miliardi di euro. Tuttavia, se il confronto viene fatto in termini di impatto sul Pil regionale, l’Umbria scala la classifica fino al 9° posto, con un’incidenza dell’evasione ancora elevata. Le regioni del Centro-Sud mostrano i valori peggiori, con la Calabria che registra quasi 6 miliardi di euro evasi, pari a oltre il 19% del Pil.
Restano grandi margini di miglioramento
Nonostante i numeri mostrino un miglioramento, l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre sottolinea che molto resta ancora da fare per combattere l’economia sommersa in Italia. Tra le proposte avanzate vi è la necessità di un sistema fiscale meno aggressivo, semplificato e più equo, che potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente questi fenomeni.