Il segretario generale della Cisl Umbria, Angelo Manzotti, ha commentato con preoccupazione i dati economici della Svimez che certificano il declino della regione. “Decrescita del Pil, fuga dei giovani altamente formati dall’Umbria, bassi salari e pochi investimenti per favorire l’innovazione ed il dovuto rispetto ambientale sancito nell’Agenda 2030”, dichiara Manzotti, evidenziando le problematiche principali che affliggono l’Umbria. Nonostante la situazione critica, Manzotti ha sottolineato un aspetto positivo: “L’unico dato incoraggiante è l’incremento dell’occupazione del 3 per cento rispetto al periodo pre Covid”.
Secondo Manzotti, la via per uscire da questa situazione è una sola: “La strada indicata dalla Cisl è quella dell’utilizzo delle risorse messe in campo dall’Europa: i Fondi Comunitari e il Pnrr”. Queste risorse sono particolarmente rilevanti per l’Umbria, poiché la regione è stata classificata come “regione in transizione”. Ma cosa significa esattamente? “Alla decrescita del Pil, che è il risultato di una congiuntura negativa, si aggiungono una serie di fattori preoccupanti che rischiano di far scivolare l’Umbria in una condizione di maggiore povertà”, spiega Manzotti, sottolineando che uno dei problemi più urgenti è quello dei bassi salari.
“Bassa retribuzione significa anche spendere meno e quindi recessione”, prosegue Manzotti, aggiungendo che la recessione potrebbe essere contrastata con l’uso efficace dei Fondi Comunitari. Ma avverte: “Evitare finanziamenti a pioggia e lavorare su una produttività più elevata” è fondamentale. Questo, sottolinea, può essere ottenuto solo attraverso investimenti mirati che incidano sul prodotto e sul processo produttivo.
Il segretario generale cislino pone poi l’accento su un altro problema strutturale dell’economia umbra: “In un contesto come quello dell’Umbria, dove il lavoro è troppo povero, abbiamo le retribuzioni più basse d’Italia”. Manzotti evidenzia come questa situazione colpisca particolarmente le donne e i giovani, i più penalizzati da questo scenario economico.
Per contrastare il “nanismo delle imprese”, Manzotti propone “una politica delle aggregazioni e reti di filiera”, combinata con una politica della formazione che sia “supportata dall’università, che sempre di più è attenta ai territori”. Inoltre, sottolinea l’importanza di una “maggiore e migliore certificazione delle competenze”.
“È finito il tempo del piangerci addosso. È arrivato il momento dell’agire”, conclude Manzotti, lanciando un appello a tutte le parti sociali per unire le forze. L’invito è chiaro: “Partecipazione dei lavoratori alle decisioni delle imprese” per operare tutti insieme “per il bene della nostra regione attraverso un Patto per la crescita e un lavoro stabile, dignitoso e ben contrattualizzato”.