Il tribunale di Perugia ha emesso una sentenza di condanna per 21 persone coinvolte nel processo Concorsopoli, inclusi noti ex esponenti politici e amministrativi dell’Umbria. Tra questi figurano l’ex presidente della Regione Catiuscia Marini, l’ex assessore alla sanità Luca Barberini, l’ex segretario del Pd umbro Gianpiero Bocci e l’ex direttore regionale della sanità Walter Orlandi. Contestualmente, il tribunale ha ordinato la trasmissione degli atti alla Procura in merito alle deposizioni di sei persone, ipotizzando il reato di falsa testimonianza.
Le persone coinvolte in queste nuove indagini sono Ilaria Montecucco, Giulia Pedini, Claudio Baciucco, Chiara Merenda, Antonella Pedini e Marisa Ricotta. Le motivazioni della sentenza saranno note tra 90 giorni, ma il dispositivo ha già segnato una svolta importante a cinque anni dallo scandalo che causò le dimissioni di Catiuscia Marini. Le condanne complessive ammontano a quasi 29 anni, con due anni inflitti alla Marini, riconosciuta colpevole di abuso d’ufficio, sebbene l’accusa di associazione per delinquere sia stata scartata per lei.
Diversamente, l’ipotesi di associazione per delinquere è stata mantenuta per Bocci (condannato a due anni e sette mesi), Barberini (tre anni) e l’ex direttore amministrativo del Santa Maria della Misericordia, Maurizio Valorosi (un anno). Il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, ha espresso soddisfazione per le dinamiche che hanno portato a questo verdetto, sottolineando il riconoscimento del lavoro dei sostituti procuratori Abritti e Formisano, spesso oltre le richieste dell’accusa: “La ragione di soddisfazione principale- dice il procuratore di Perugia Raffaele Cantone alla TGR – è che il processo si è concluso in un tempo ragionevole, coi tempi della giustizia. Nella dialettica processuale il tribunale a volte può scavalcare il pm. Vuol dire che l’impianto era giusto”
L’inchiesta ha beneficiato notevolmente delle intercettazioni, realizzate anche attraverso il sistema Trojan, suscitando dibattiti sull’uso di tecnologie invasive. Cantone ha avvertito che limitare tali strumenti potrebbe indebolire la lotta contro la criminalità dei colletti bianchi. “Gli strumenti informatici? Processi come questi dimostrano che senza questo tipo di mezzi, è difficile raccogliere prove contro la pubblica amministrazione”, conclude Cantone