Di giorno terrorizzava la città con i furti, la sera dormiva in cella: arrestato

Preso il componente italiano della banda di ladri che ha seminato il panico in Umbria: condanna ad un anno di reclusione

Il fenomeno della criminalità organizzata ha preso una svolta preoccupante  con l’arresto nel perugino di un gruppo di malviventi, tra cui un cittadino italiano di origine rom. Questo individuo, conosciuto per le sue attività illecite, era solito compiere crimini durante il giorno per poi tornare a scontare la sua pena in prigione la sera. Il gruppo era noto per la sua ferocia e mancanza di scrupoli, vantando un’esperienza criminale considerevole. Nonostante alcuni fossero già soggetti a misure restrittive, ciò non li ha fermati dal continuare le loro attività illecite.

La situazione è diventata ancora più grave quando si è scoperto che il gruppo, etichettato dagli investigatori come “crudele e pericoloso”, non esitava a sfuggire alle forze dell’ordine con azioni audaci e rischiose. La loro facilità nell’eludere la cattura era aggravata dal possesso di veicoli potenti, spesso risultati di furti.

Recentemente, la Corte di Cassazione di Perugia ha emesso un verdetto inappellabile nei confronti del membro italiano del gruppo, confermando una condanna di un anno di reclusione e una multa di 200 euro. Questa sentenza segue una serie di condanne per una lunga lista di reati, tra cui rapine e furti.

Il condannato aveva tentato di ribaltare il verdetto, richiedendo l’assoluzione e criticando la mancanza di considerazione per le circostanze attenuanti. Tuttavia, l’accusa lo ha descritto come un “esperto del crimine”, che selezionava con cura i suoi obiettivi, preferendo abitazioni e attività commerciali isolate e facilmente accessibili, dopo averne studiato attentamente le abitudini dei proprietari.

Il gruppo aveva anche un luogo di incontro segreto, dove pianificavano i loro colpi e custodivano attrezzi per i furti, tra cui aste, bastoni, piedi di porco, guanti e travestimenti.

I giudici hanno ritenuto il ricorso presentato dal condannato non solo inammissibile ma anche vago e privo di specificità, riguardante una sentenza già concordata tra le parti. Di conseguenza, la richiesta è stata respinta e il condannato è stato inoltre ordinato a pagare 3.000 euro a favore della cassa delle ammende.

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