Il Tribunale di Perugia ha recentemente emesso la sentenza che ha assolto Patrizia Pinheiro dall’accusa di omicidio preterintenzionale di Samuele De Paoli. Questa decisione ha generato notevoli polemiche, portando i familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Marilena Mecchi, a richiedere la riapertura delle indagini. Tuttavia, le motivazioni del giudice, basate su un complesso di prove, hanno evidenziato elementi fondamentali che giustificano la decisione.
Il giudice ha sottolineato che la compressione del glomo carotideo, effettuata da Pinheiro durante un alterco fisico, è stata un atto di difesa in risposta all’aggressione fisica da parte di De Paoli. Nonostante la modesta intensità della compressione, è stato rilevato che l’iperstimolazione del sistema simpaticomimetico della vittima, dovuta all’uso di cocaina, ha giocato un ruolo cruciale nel causare l’evento cardiaco fatale.
Il giudice ha anche messo in luce come Pinheiro fosse immobilizzata sotto il corpo dell’aggressore, costretta a difendersi in un contesto di estrema vulnerabilità. La difesa ha sostenuto che l’assenza di lesioni difensive e le fratture costali subite da Pinheiro confermano questa ricostruzione. Inoltre, è stato evidenziato che la colluttazione è avvenuta all’interno dell’autovettura, senza lasciare tracce di sangue all’esterno, suggerendo una breve durata dell’alterco.
L’assoluzione di Patrizia Pinheiro solleva interrogativi importanti sulla legittima difesa e sulla valutazione delle circostanze in cui un individuo si trova a dover reagire a un attacco fisico. La sentenza ha riconosciuto la complessa dinamica della colluttazione e l’assenza dell’elemento psicologico dell’omicidio preterintenzionale, portando all’assoluzione di Pinheiro. Questo caso rimane un esempio significativo di come la legge possa interpretare e valutare le azioni di un individuo in situazioni estreme di autodifesa.